Perché i dolori facciali sono più intensi di quelli somatici

 

 

GIOVANNI ROSSI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XV – 25 novembre 2017.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Nella pratica medica è frequente incontrare pazienti che lamentano algie cranio-facciali acute intensissime, definite insopportabili, considerate peggiori di qualsiasi altra esperienza dolorosa con sede in altri distretti corporei e obiettivamente più invalidanti e resistenti al trattamento. Questo non sorprende, perché le nevralgie del trigemino[1], seguite da quelle del glossofaringeo, sono note per la loro straordinaria intensità, talora profondamente debilitante, e tale da aver indotto lo sviluppo di vari nuovi farmaci.

Ma la ragione neurofunzionale di questa differenza fra dolore cranio-facciale e somatico, al di là del rilievo di una più estesa partecipazione dei sistemi mediatori del dolore e delle componenti affettivo-emozionali della sofferenza, non è stata finora definita.

In passato, la ricerca ha sottoposto a verifica l’assunto di una reazione algica nelle aree del viso e della testa più marcata di quella del tronco e degli arti, esponendo le differenti sedi topografiche di animali da esperimento a stimoli nocicettivi calibrati, ed ottenendo conferma di una reazione più marcata per lo stesso evocatore quando erano interessate localizzazioni superficiali del segmento anatomico cranio-facciale. Ora, Erica Rodriguez, Fan Wang e numerosi colleghi hanno condotto uno studio per cercare di scoprire la base neurobiologica di questa peculiarità dell’elaborazione nocicettiva.

(Rodriguez E., et al., A craniofacial-specific monosynaptic circuit enables heightened affective pain. Nature Neuroscience 20: 1734-1743, 2017).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurobiology, Department of Neurology, Department of Psychology and Neuroscience, Duke University Medical Center, Durham, NC (USA).

Il sistema trigeminale ha un ruolo preminente nell’elaborazione dell’informazione nocicettiva proveniente dai territori orali, facciali e craniali. Sebbene l’input proveniente dagli eventi danneggianti i tessuti tradotto dai nocicettori cutanei è simile a quello del resto del corpo, i meccanismi trigeminali della nocicezione presentano alcuni elementi specifici che vale la pena conoscere. Ad esempio, strutture cranio-facciali quali la cornea, le meningi, e la polpa dentale sono tra le principali fonti di dolore nella specie umana. Curiosamente, il tipo di dolore più comune, ossia il mal di denti, è difficile da localizzare e alcune cefalee si possono verificare anche in assenza di identificabili eventi esterni di danno tessutale. Le vie sensoriali che convogliano l’informazione dolorifica proveniente dai recettori del cranio e della faccia e diretta ai livelli cerebrali più elevati, originano nei nocicettori gangliari e nei loro nuclei associati nel complesso sensoriale trigeminale del tronco encefalico e nella parte superiore del midollo spinale cervicale. Tali strutture raccolgono simultaneamente attività somestesiche di base da molte fonti, rilevanti non solo per il dolore,  perché sembra che abbiano un ruolo nella continua trasmissione di informazioni cruciali per il mantenimento dell’integrità delle regioni cranio-facciali. Questa informazione è costantemente sottoposta a selezione e modulata nel contesto di una risposta appropriata. Reti di modulazione endogena originanti da varie strutture del sistema nervoso centrale possono agire a molti livelli per accentuare o attenuare in maniera specifica i messaggi in entrata.

Per questi motivi morfo-funzionali, alcune delle particolarità della nocicezione trigeminale sembrano derivare non solo dalla particolare organizzazione troncoencefalica dei nuclei del trigemino, ma anche dall’interazione con meccanismi centrali bottom-up e top-down. Per una dettagliata rassegna degli studi che hanno gettato luce su questa specificità, si raccomanda la lettura di Trigeminal Mechanisms of Nociception di Luis Villanueva e Rodrigo Noseda[2].

Una traccia importante per lo sviluppo del protocollo sperimentale di Fan Wang, Erica Rodriguez e colleghi è venuta dall’osservazione che il nucleo parabranchiale laterale (PBL), considerato un nodo di importanza critica nel circuito che media il dolore affettivo, è attivato in modo molto più intenso dalla stimolazione nocicettiva della faccia che da quella della zampa posteriore nei roditori di laboratorio.

Per cercare di identificare i neuroni responsabili della differenza, i ricercatori hanno impiegato un nuovo strumento tecnologico dipendente dall’attività denominato CANE, che era stato sviluppato in precedenza proprio nel loro laboratorio. Con questa procedura sono riusciti ad identificare e contrassegnare in modo selettivo le cellule nervose attivate dallo stimolo doloroso nel nucleo parabranchiale laterale (PBL), ed hanno realizzato una mappa anatomica input-output. In tal modo, Rodriguez e colleghi hanno scoperto una connessione sinaptica mai descritta in precedenza tra i neuroni sensoriali craniali e, appunto, i neuroni nocicettivi PBL.

Individuata questa connessione, hanno condotto esperimenti mediante tecnica optogenetica per esplorarne la funzione. L’attivazione optogenetica della proiezione monosinaptica cranio-facciale-PBL determinava una risposta al dolore di notevole evidenza negli animali di laboratorio: reazione di fuga, comportamenti volti ad evitare lo stimolo e richiami esprimenti stress. Al contrario, il silenziamento optogenetico della connessione sembrava ridurre decisamente la nocicezione facciale.

In conclusione, il circuito monosinaptico identificato dagli autori dello studio può spiegare la maggiore sensibilità cranio-facciale al dolore.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanni Rossi

BM&L-25 novembre 2017

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] La storia recente della medicina annovera la terapia chirurgica di neurotomia retrogasseriana (resezione della radice sensitiva del trigemino subito dietro il ganglio) e l’infiltrazione alcolica del ganglio di Gasser quale estremo rimedio alla nevralgia intrattabile, almeno fino all’introduzione dell’antiepilettico Tegretol come antidolorifico e allo sviluppo degli analgesici più efficaci di recente introduzione.

[2] In Wall and Melzack’s Textbook of Pain (S. B. McMahon, M. Koltzenburg, I. Tracey, D. C. Turk), Section VI, Chapter 56, pp. 793-802, Elsevier 2013.